Contrazioni, di Lorella Klun

Fabbriche abbandonate e capannoni industriali che giacciono abbandonati. Macchinari esausti che non ritmano più il tempo della produzione, sirene che non scandiscono turni né straordinari. Resta solo il gocciolio di infiltrazioni piovane e il lento depositarsi della polvere su utensili e frammenti. Quelli sono gli spazi prediletti da Stefano Tubaro, in quei luoghi egli è libero di agitare la bacchetta magica della Fotografia, con i suoi procedimenti e le rivelazioni, con le illusioni e le mise en scène.

Senza alcuna alterazione digitale in post-produzione, ma attraverso sapienti e dosate pennellate di luci multicolori e lunghi tempi di esposizione, l’autore si muove nella notte attraverso i capannoni dismessi, soffermandosi su pannelli, leve e meccanismi, esaltando gli spazi e ri-leggendo gli ambienti. Le immagini risultanti possiedono il fascino di un set cinematografico e il sapore delle memorie ritrovate; mentre i rossi, i verdi, i blu e i gialli pulsano tra crepe e finestroni divelti, i quadri comandi si accendono sotto la vibrazione cromatica e le pareti di mattoni si aprono come quinte svelando improvvisi scorci esterni.

Il percorso di Tubaro parte da lontano, con l’utilizzo di tecniche d’illuminazione già in uso dagli Alinari, ma approda sulle sponde della contemporaneità, grazie alla forte valenza concettuale del progetto. Le immagini ci rimandano alle esperienze della Land-art, per le profonde interazioni sperimentali tra l’uomo e il territorio, ma richiamano anche tutte le altre istanze delle proficue stagioni neoavanguardiste; Tubaro fa proprie tali esperienze e realizza un happening privato, che lo porta a entrare nell’immagine e quindi fondersi con l’opera, lasciando che l’apparecchio fotografico registri e consacri un’impalpabile traccia di sé.

Lorella Klun

(testo di presentazione nel catalogo della mostra “XV Fotosrecanie, Kulturni Dom, Gorizia, 2013)